sabato 13 maggio 2017

Sì, mi piaccio, e vaffanculo.

Lui quasi sicuramente lo conoscete, è Roberto Saviano. Lei è Ashley Graham, modella plus size, che, tra le altre cose, ha sfilato in Michael Kors alla NYFW, ha avuto una copertina di Sports Illustrated, è testimonial Marina Rinaldi.
L'anno scorso Ashley ha pubblicato una foto che ha suscitato reazioni diametralmente opposte: qualcuno, come Saviano, ha giustamente parlato di rivoluzione dell'immagine, altri hanno usato termini come schifo, disgusto, vergogna. No, non si trattava di un'immagine di lei intenta a sacrificare giovani vergini e a berne il sangue, era una sua foto, molto bella, in bicicletta, con le gambe scoperte e la CELLULITE. Perché la cellulite esiste, è reale, le donne ne soffrono, se ne vergognano, la nascondono. Ci sono giornalacci da strapazzo che vendono proprio mostrando le gambe imperfette di attrici e cantanti, alimentando la soddisfazione maligna di chi, da casa, può sostituire lo scherno all'invidia.
Questo è un tempo in cui ci lasciamo rappresentare da un'immagine di noi stessi virtuale e fugace, destinata a distruggersi dopo 24 ore, siamo ossessionati dall'apparire sempre al meglio, perché può sempre capitare di finire in un selfie di gruppo, vuoi mai uscire un cesso? Ci ritocchiamo, filtriamo, modifichiamo. Cerchiamo disperatamente di assomigliare a modelli estetici irraggiungibili, ignorando che sono virtuali e trasfigurati, esattamente come le nostre foto su instagram.
C'è l'immagine, e poi ci sono i corpi. Corpi come quello di Ashley, che piacciono, disgustano, attirano o allontanano, insomma corpi che non lasciano indifferenti, che sono reali, imperfetti, mostrati con orgoglio fottendosene dei giudizi altrui, della pressione dell'imminente prova costume, delle taglie sempre più irrealistiche. Farci guardare, quando abbiamo la pancia, la cellulite, i fianchi troppo larghi, spogliarci dei vestiti e della vergogna, è un atto rivoluzionario, perché stiamo gridando al mondo intero che non ce ne frega un cazzo se non supereremo l'ennesimo esame al nostro corpo, se quei pantaloni tanto di tendenza ci fanno il culo grosso, se quando ci sediamo facciamo i rotolini.
A noi interessa vivere, ridere, mangiare, bere in compagnia, far godere quel corpo e coccolarlo, amarlo, perché merita rispetto. Ci preme mostrare che abbiamo una testa, un cuore, che sappiamo di essere sensuali quando siamo fiere e felici di noi stesse. Ci vogliamo bene, ci curiamo senza ossessione, siamo libere.
Non crediate però che sia facile: come ogni rivoluzione, anche questa è fatta di dolore, sacrifici e sangue, oltre che di ideali e amore.
Dietro alla strafottenza un po' arrogante con cui ci infiliamo in gonne che evidenziano e non nascondono c'è una storia di
inadeguatezza, sofferenza, colpi in faccia e vergogna. Dietro al sorriso fiero con cui scopriamo le braccia pienotte ci sono tante lacrime, confronti dai quali siamo uscite troppo spesso perdenti.
Ci siamo mortificate, disprezzate, umiliate, nascoste, poi abbiamo capito che star male non serve, e che dobbiamo piantarla di sentirci sbagliate.
Abbiamo alzato la testa, tirato fuori il petto, fatto un respiro profondo, ci siamo infilate i jeans skinny, messo i tacchi e siamo uscite allo scoperto, nel mondo, orgogliose di noi stesse. Ogni mattina ci guardiamo allo specchio e invece di denigrarci ci facciamo un complimento, perché ci amiamo, e pazienza se invece a voi facciamo schifo.
Abbiamo imparato a fregarcene, e abbiamo scoperto che è bellissimo farlo, ci siamo messe il rossetto, siamo uscite a bere, siamo andate al mare, abbiamo ballato come pazze, fatto l'amore, ci siamo godute gli sguardi carichi di desiderio, abbiamo combattuto per il diritto di essere diverse, di sentirci belle, di una bellezza anarchica, fuori dagli schemi, libera, ingombrante e gioiosa, e forse abbiamo anche vinto, e vaffanculo.

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