giovedì 27 luglio 2017

In equilibrio precario

Ed eccomi qui, di nuovo disoccupata.
Ormai è una condizione così frequente, nella mia vita, da essere diventata la normalità: è più strano per me essere produttiva che stare a casa a inviare CV, scrivere cose che non farò leggere a nessuno, impegnarmi nello studio e cucinare.
La precarietà lavorativa diventa precarietà esistenziale, si è sempre in equilibrio tra la voglia di indipendenza e la difficoltà a realizzarci, poterci mantenere, vivere dignitosamente del nostro lavoro. Questo non è un paese per giovani, e io sono troppo vile per fare le valigie e partire, ma forse non è mancanza di coraggio, ma amore: amore per le mie colline, per la famiglia, per gli amici; a volte mi sento terribilmente in colpa per la mia incapacità di lasciarmi tutto alle spalle e partire in cerca di fortuna, altre volte mi dico che forse ci vuole più fegato a restare e lottare, ma è davvero così o mi sto giustificando? E poi, ne vale la pena, di soffrire e combattere una guerra che forse siamo destinati a perdere?
Non lo so, non so nulla ora, ad eccezione dell'ovvio: sono di nuovo senza lavoro, mi devo reinventare per l'ennesima volta, sono ancora in equilibrio sulla corda, non posso scendere a terra, mi tocca aprire le braccia e cercare di non cadere, e ce la farò anche stavolta, ce la faccio sempre.

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